Il fiume Adda, dopo essere uscito dal lago di Como e dai laghi di Garlate e Olginate, scorre tranquillo circondato dagli alti monti del lecchese, fra cui spicca la cima del Resegone. Dopo Brivio, l’ultimo paese che si rispecchia nelle sue acque, le sponde si fanno più alte e boscose e la vallata assume un aspetto sempre più selvaggio man mano che si scende lungo il suo corso percorrendo l’alzaia. A Imbersago, dove c’è lo storico traghetto, solo qualche ristorante si affaccia sulle sue rive; l’acqua è calma e tranquilla, tanto che i conduttori del traghetto spesso accelerano durante la traversata a forza di braccia, agganciando l’arpione al cavo.
Arrivati a Paderno, poco dopo il ponte S. Michele e in prossimità della diga vecchia, il corso del fiume cambia completamente aspetto, infilandosi nel più profondo canyon di tutta la regione padana. Le acque scendono precipitose in una serie di rapide; in soli due chilometri e mezzo compiono un salto di 27,5 metri, le sponde, in gran parte rocciose, in alcuni punti arrivano ad oltre cento metri di altezza.
Questo è forse il tratto più bello dell’intero corso del fiume, che ha conservato tutto il suo fascino selvaggio, nonostante l’uomo abbia contribuito abbondantemente a modificarne l’aspetto originario con opere estrattive. In passato fu usato moltissimo il ceppo, un conglomerato roccioso con cui sono formate le sponde e i massi del fiume, per opere di costruzione sia in paese (ad esempio il palazzo comunale, la chiesa di Porto, gli edifici delle centrali e le stesse opere murarie del naviglio) sia al di fuori (ricordiamo l’Arena di Milano, le mura di cinta della città, Sant’Ambrogio). Qui di seguito indichiamo i punti panoramici a cui si accede dall’alzaia, risalendo, da Porto, la valle:
- La valle della Rocchetta, scendendo dalla scalinata dietro alla Conca Grande.
- La cima del colle della Rocchetta. Qui, dall’alto dei 168 gradini, si gode una splendida vista della vallata, che ci rammenta delle origini del luogo come fortificazione di avvistamento.
- Dalla base della scalinata della Rocchetta, proseguendo sull’alzaia e dopo aver superato lo stallazzo di qualche centinaio di metri, si può prendere un piccolo sentiero sulla destra che si inoltra nel bosco.
Si arriva su uno spuntone di roccia da cui si gode una vista meravigliosa del catino dell’Adda, denominato la moja di mort inferiore, perché spesso qui si fermavano i corpi degli annegati nel fiume. Moja (deriva dalla parola latina muria da cui salamoia) sta a indicare una pozza di acqua ferma in cui i cadaveri rimanevano in ammollo; in dialetto si usa “mettere a moj”, mettere in ammollo. Da qui si vede anche la curva detta “dell’inferno”.
La pericolosità del posto è pari alla bellezza. Si può anche scendere sulla spiaggetta sottostante seguendo il sentiero, che parte un poco più indietro del picco roccioso.